Basilare uso della telemetria per il setup del gruppo molla/ammortizzatore

Una tecnica molto utile per la messa a punto delle sospensioni consiste nell’utilizzare gli istogrammi e l’analisi della velocità di oscillazione della ruota per valutare le impostazioni della molla e dello smorzamento. In particolare, tali grafici mettono in relazione la velocità della ruota (i valori positivi di velocità indicano la compressione, quelli negativi l’estensione) e la percentuale di campioni (ovvero statisticamente il tempo trascorso da ciascun ammortizzatore nelle fasi di compressione e di estensione). In una configurazione delle sospensioni teoricamente ideale, avremo un istogramma simmetrico con una curva a campana come quella mostrata nella figura sotto che, in dettaglio, è caratterizzata da:

  • Compressione a bassa velocità: 25%
  • Rimbalzo a bassa velocità: 25%
  • Compressione ad alta velocità: 25%
  • Rimbalzo ad alta velocità: 25%

Ricorda: la compressione veloce (fast speed bump) e l’estensione veloce (fast speed rebound) della molla dell’ammortizzatore si manifestano al passaggio su dossi, buche e cordoli del circuito. La compressione lenta (low speed bump) e l’estensione lenta (low speed rebound) della molla si verificano in frenata (ruote anteriori in compressione e posteriori in estensione) o in accelerazione (ruote anteriori in estensione e posteriori in compressione) oppure in curva, mentre l’auto si inclina (le ruote interne vanno in estensione e le ruote esterne in compressione).

Nota: nell’istogramma sotto (telemetria MoTeC) le zone a bassa velocità di compressione ed estensione sono rappresentate in azzurro scuro mentre quelle analoghe ad alta velocità in azzurro più chiaro.

Prendiamo, a titolo di esempio, il setup aggressivo di ACC predisposto per il circuito di Brands Hatch nel quale abbiamo invece all’anteriore una estensione lenta (low speed rebound) più rigida e compressione lenta (low speed bump) più soft; ciò si traduce graficamente in una campana asimmetrica che protende leggermente verso destra (ovvero verso il bump), come mostrato in figura sotto, poiché il low bump più morbido (soft) lascia muovere la sospensione di più in compressione rispetto che in estensione (tieni presente che questa debole asimmetria non è indice di alcun problema).

Ciò non è particolarmente significativo in termini pratici, ma se tu volessi una campana simmetrica, devi ridurre la rigidezza della estensione lenta o aumentare la rigidezza della compressione lenta fino al raggiungimento della simmetria. Piccole asimmetrie non sono un problema; invece, se il picco della curva si trova ad esempio al confine tra compressione lenta e compressione veloce, questo è una indicazione che qualcosa non funziona come dovrebbe. Grafici altamente asimmetrici indicano infatti che l’ammortizzatore è impostato male in compressione o in estensione, lenta o veloce.

Nell’immagine sotto è raffigurato l’istogramma relativo alla sospensione posteriore. Dal grafico possiamo vedere che la curva è estremamente piatta con, addirittura un leggero avvallamento al centro della zona a bassa velocità. Ciò indica che gli ammortizzatori posteriori sono troppo soffici e che necessita irrigidirli.

Se confrontiamo il setup aggressivo con un setup più soft (figura sotto) noteremo in questo secondo caso, un generale appiattimento delle campane dovuto ad un incremento generalizzato della velocità di oscillazione dei pistoni degli ammortizzatori, anche agli estremi del grafico (zone ad alta velocità).

Soprattutto all’anteriore, il picco della curva deve essere abbastanza pronunciato. Skaven Zverov (nella revisione 1.6 della sua guida) e Nils Naujoks, Direttore del Red Bull Racing Esports Team, suggeriscono che in corrispondenza del punto 0,0 mm/s che divide la zona di compressione da quella di estensione, il picco dovrebbe essere intorno al 12%, esattamente come mostrato nel grafico ideale.

Nella figura sotto possiamo vedere il confronto tra il setup aggressivo (sezioni grip meccanico e ammortizzatori) della Mercedes AMG GT3 (a sinistra), relativo al circuito di Mount Panorama, con la versione dello stesso setup opportunamente modificata da Nils Naujoks (a destra) per ottenere una istogramma con un picco più pronunciato, confrontabile con la curva a campana del grafico ideale (per ingrandire l’immagine clicca qui).

Si può facilmente notare che, relativamente al grip meccanico, è stata incrementata la rigidezza delle molle sia all’anteriore che al posteriore, sebbene in quest’ultimo caso il margine per la modifica fosse molto minore. Modifiche meno significative ed utili allo specifico scopo sono state apportate alla rigidità del tampone di fine corsa (bumpstop rate) e all’escursione della sospenzione (bumpstop range). Queste ultime modifiche sono state infatti apportate eminentemente per ridurre il beccheggio dell’auto in frenata e accelerazione. Nel complesso tali interventi sono stati sufficienti a portare il picco dell’istogramma dall’8% al 12% circa, come mostrato in figura sotto.

Le modifiche al setup degli ammortizzatori si sono invece rese necessarie per ottenere una campana perfettamente simmetrica. In considerazione del fatto che all’anteriore la campana protendeva leggermente verso sinistra (ovvero verso l’estensione), davanti è stato irrigidito di un clic il rebound (infatti, se nell’istogramma la barra del rebound è troppo alta, per prima bisogna aumentare lo smorzamento in estensione) e poi è stato anche necessario ammorbidire di un clic il bump. Tralasciamo di illustrare le modifiche agli ammortizzatori dietro, in quanto la procedura per l’ottenimento di un istogramma simmetrico anche al posteriore è uguale a quella precedentemente descritta per l’anteriore.

Ma come facciamo a capire se le modifiche al setup funzionano? Oppure se il comportamento dell’auto è significativamente migliorato?

Possiamo infatti apportare correzioni al setup se l’istogramma è fortemente asimmetrico o se la campana è piatta o appena pronunciata ma non possiamo effettivamente sapere se ciò si tradurrà in un guadagno in termini cronometrici (o per lo meno non è possibile leggerlo dall’istogramma degli ammortizzatori).
Andiamo allora nel foglio di lavoro “suspension travel” e analizziamo la telemetria relativa alla curva 4, una delle più problematiche del circuito di Brands Hatch.


Nella figura seguente, grafico inferiore, possiamo vedere le oscillazioni della ruota posteriore destra che in curva 4 si trova all’esterno. Tale ruota è soggetta a maggiori urti legati alle sconnessioni presenti su questo lato della pista, in uscita di curva (la linea bianca è quella relativa al setup soft e la linea azzurra è invece relativa al setup molto rigido).

Nota: a partire dalla patch 1.3 di ACC la risoluzione con la quale MoTeC esporta i dati è passata da 20 Hz a 200 Hz di frequenza e, pertanto, non è più necessario filtrare le tracce dei vari canali.

Ingrandiamo il grafico in corrispondenza della curva 4 (immagine sotto) è vediamo che il setup rigido (linea azzurra) sembrerebbe assorbire gli urti sebbene oscilli in maniera estremamente contenuta; rispetto allo zero, la sospensione si muove in estensione fino a 28 mm ed in compressione fino a 47 mm. Se prendiamo in considerazione il setup più morbido (linea bianca), vediamo che la sospensione ha una escursione più ampia (si va dai 14 mm in estensione ai 50 mm in compressione, sempre rispetto allo zero del grafico).

Ingrandendo ancora l’area in rosso, è molto più evidente la differenza di oscillazione della sospensione tra il setup rigido e quello soffice. In particolare, si nota che il setup rigido (linea azzurra) ha una ampiezza ed un periodo di oscillazione minori rispetto al setup soffice (linea bianca). Quest’ultima caratteristica determina inoltre una evidente differenza di fase.

In definitiva le due configurazioni hanno un comportamento completamente differente nei confronti di buche, dossi e avvallamenti presenti sulla pista.

Andiamo adesso ad analizzare il foglio di lavoro “wheel speed”. Possiamo vedere che in corrispondenza dello sconnesso, la velocità di rotolamento delle ruote posteriori (magenta la posteriore sinistra e azzurra la posteriore destra) è maggiore nel setup rigido rispetto alla velocità delle corrispondenti ruote col setup soffice. Questo accade perché la sospensione è così rigida che non assorbe adeguatamente gli urti e la ruota salta fino a quasi perdere il contatto con la pista, dando luogo a pattinamento. Lo spin delle ruote in questo particolare punto del circuito si manifesta per poco più di 1/10 di secondo. Questo si traduce in una perdita in termini di tempo sul giro, anche se non è escluso che il setup rigido ci possa far guadagnare in altri punti del tracciato. Può essere quindi necessario giungere a qualche compromesso nella messa a punto degli ammortizzatori dell’auto.

Vediamo infine come questa mancanza di assorbimento delle sconnessioni si traduce sul comportamento del volante, andando ad analizzare il foglio di lavoro “driver”.

In questo foglio possiamo vedere che con il setup soffice (linea bianca), in uscita da curva 4, non vi sono correzioni col volante che si mantiene rotato di circa 100° fino all’uscita della curva e poi quasi perfettamente riallineato (0° di angolo volante) in rettilineo, a meno di una irrilevante lieve correzione. Relativamente al setup rigido (linea rossa), si può notare che in uscita da curva 4 si riscontra un minor angolo di volante (rotazione pari a 50° circa) ma ad un certo punto vi è un riallineamento e poi due ampie correzioni prima del definitivo raddrizzamento del volante in corrispondenza del rettilineo. Queste due correzioni sono sintomo di sovrasterzo che costringono il guidatore a controsterzare.
Ricorda: se il lavoro sul volante dura meno di 2/10 di secondo, questo movimento di sterzo si chiama “driver feedback” e durante l’analisi della telemetria può essere ignorato; si tratta un movimento non necessario ma che rende il pilota più sicuro e che non ha effetti pratici sul comportamento dell’auto. Ma se il lavoro sul volante dura più di 2/10 di secondo (addirittura nel nostro caso il lavoro sul volante dura mezzo secondo), questo fenomeno si chiama “handling issue”; ciò toglie al pilota confidenza con l’auto e comporta una considerevole perdita in termini di tempo sul giro.

Per concludere, nella figura sotto è sintetizzata la funzione essenziale degli ammortizzatori.

Nota: per la stesura della presente guida si è fatto riferimento ai seguenti video tutorial:

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