Tecnica di Guida: lo Short Shifting

Lo “Short shifting” è una tecnica di guida che prevede il passaggio alla marcia superiore del cambio prima del raggiungimento del regime ottimale di cambiata per una determinata accoppiata motore-trasmissione.

Ricorda: superato il regime di coppia massima, che si trova più in basso rispetto a quello di potenza massima (vedi figura sotto), il motore riesce ancora a spingere; quando comincia a calare anche la potenza, l’auto perde tanto in termini di prestazioni e pertanto, prima che ciò si verifichi, è necessario passare alla marcia superiore.

Normalmente, lo short shifting è messo in pratica sul bagnato, in ​​curve dove si possono verificare problemi di trazione, per ridurre al minimo il rischio di perdere il posteriore in accelerazione. Infatti, anche il solo uso di una marcia più alta può fare una grande differenza dal punto di vista di trazione e stabilità. Tuttavia, se ti trovi su una pista in cui alcune curve consentono una buona trazione, nonostante il bagnato, lo short shifting potrebbe non sempre essere necessario.

Ma è possibile trarre vantaggio dallo short shifting in condizioni normali, ovvero di pista asciutta?

Per valutare ciò abbiamo fatto una prova comparativa, al volante della Bentley, nel circuito di Barcellona ed in particolare nella curva 5 che è una curva a sinistra, in discesa, quasi di 180 gradi (per una maggior consapevolezza del tratto di pista in questione, vedi le seguenti due figure).

Per prima cosa abbiamo affrontato la curva 5 in maniera tradizionale, scalando in prima marcia in prossimità del punto di corda, dosando l’acceleratore in percorrenza curva, spalancando completamente il gas in uscita curva e infine innestando la seconda marcia all’ingresso del tratto rettilineo.

Successivamente abbiamo ripercorso questo tratto di pista mettendo in pratica lo short shifting. Come fatto in precedenza, in frenata abbiamo inserito la prima marcia ma subito dopo, nel mezzo della curva, prima di iniziare ad accelerare, abbiamo messo la seconda marcia; la cambiata pertanto è avvenuta ad un numero di giri del motore un po’ più basso (e con meno coppia a disposizione), con meno velocità ma con un’auto più facile da gestire in uscita dalla curva 5, meno nervosa, capace comunque di accelerare abbastanza rapidamente e senza che sia intervenuto eccessivamente il controllo di trazione quando abbiamo messo le ruote esterne sul cordolo e poi sulla superficie sintetica verde (all’ingresso del tratto rettilineo).

Per poter confrontare le due tecniche di guida andiamo ad analizzare la telemetria dei due giri di pista, focalizzando l’attenzione sulla curva 5.

Nell’immagine sotto possiamo vedere il foglio di lavoro “Driver” del MoTeC nel quale le linee di colore bianco dei vari canali rappresentano le informazioni (speed, brake, throttle, steerangle, ABS, TC, gear, ecc…) relative al giro di pista nel quale è stata adottata la tecnica dello short shifting in corrispondenza della curva 5 e le linee colorate rappresentano le medesime informazioni tratte però dal giro di pista nel quale la curva 5 è stata affrontata in maniera convenzionale.

La prima cosa che notiamo è che la linea verde e quella bianca del canale “speed” sono pressoché sovrapposte e che pertanto non ci sono state sostanziali differenze di velocità tra un giro e l’altro; possiamo inoltre vedere che le due linee relative all’angolo di sterzo (canale “steerangle”) sono molto simili. In definitiva, ciò significa che le due modalità con le quali abbiamo affrontato la curva 5 sono assolutamente confrontabili.

Andiamo adesso a analizare le differenze relative al diverso uso del pedale dell’acceleratore (zona evidenziata dal quadrato in rosso della figura sopra); con la tecnica convenzionale, nonostante l’intervento del TC, ad un certo punto abbiamo dovuto modulare la pressione sul pedale dell’acceleratore, circostanza evidenziata dalla riduzione della pendenza della linea rossa (a partire dal 70% di apertura del pedale del gas in su), a causa della tendenza al sovrasterzo di potenza dell’auto. Si può notare, invece, che adottando lo short shifting, tale modulazione sull’acceleratore non si è resa necessaria e che, piuttosto, abbiamo potuto spalancare il gas liberamente.

Infine, relativamente al canale “ABS/TC” possiamo vedere che con lo short shifting abbiamo limitato drasticamente l’intervento del traction control che invece è entrato in funzione pesantemente affrontando la curva 5 in prima marcia, a causa della perdita di grip delle ruote posteriori in fase di accelerazione.

In conclusione possiamo affermare che, sebbene non vi sia stata alcuna sostanziale differenza di velocità tra un giro e l’altro, soprattutto nelle gare tipo endurance adottare lo short shifting in particolari tipi di curve presenta alcuni vantaggi:

  • minore usura delle gome posteriori;
  • minore consumo di carburante;
  • maggiore stabilità dell’auto in uscita dalla curva;
  • maggiore consistenza alla guida.

Altre particolari punti dove è potrebbe essere utile mettere in atto la tecnica dello short shifting sono ad esempio la Variante della Roggia a Monza, nel passaggio dalla prima alla seconda marcia, la curva 6 del circuito di Misano (short shifting dalla seconda alla terza marcia in ingresso curva), la curva 4 del Nurburgring (short shifting dalla prima alla seconda marcia in ingresso curva) e in più circostanze dalla curva 3 alla 6 del circuito Paul Ricard (short shifting dalla prima alla seconda marcia tra le curve 3 e 4 e nel brevissimo tratto rettilineo tra le curve 5 e 6). Tieni tuttavia presente che l’opportunità di mettere in pratica lo short shifting può essere condizionata non soltanto dalla conformazione del settore di pista da affrontare ma anche dalle caratteristiche dell’auto adoperata (lunghezza dei rapporti del cambio e dal grado di elasticità del motore). Per identificare meglio i tratti di pista precedentemente menzionati, clicca sulle immagini sotto.

Articolo tratto dal video youtube “4 PRO Driving Techniques You NEED To Learn – Assetto Corsa Competizione” a cura di Nils Naujoks.

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